L’esplosione al largo di Savona
Il 14 febbraio 2025, la petroliera SeaJewel, della compagnia greca Thenamaris ma battente bandiera maltese, era ormeggiata tra Savona e Vado Ligure. Nella notte due ordigni vengono applicati magneticamente alla carena: il primo esplode danneggiando la nave, il secondo si stacca e scoppia sul fondale. Dopo due settimane di investigazioni, la nave è ripartita oggi ed arrivata al porto del Pireo in Grecia, dove rimarrà per riparazioni.
Cosa c’è dietro?
Nonostante provenisse dal porto algerino di Arzew ed abbia rifornito gli impianti Saipem di Quiliano, pare che lo scorso anno avesse fatto la spola in porti come Novorossijsk, porto russo nel Mar Nero, e Cheyhan, porto turco nel Mar Mediterraneo. Più che porti si parla di moli di carico, specificamente di petrolio e gas. A Novorossijsk arrivano una serie di gasdotti ed oleodotti provenienti dal Caucaso e dall’Asia del centro. Sempre da Novorossijsk partono inoltre due gasdotti, il TurkStream ed il Blue Stream, che attraversando il Mar Nero e poi la Turchia arrivano al collegamento di Kipi (Feres) che distribuisce energia in Europa, tra cui l’Italia attraverso la TAP ed il Progetto Italia-Grecia. La stessa importanza energetica e strategica ha il terminale di carico di Cheyhan dove arriva l’oleodotto Baku-Tbilisi-Cheyhan.
Eventi di questo tipo sono in aumento. Abbiamo già coperto il tentato sabotaggio del TurkStream, un’altra esplosione ha coinvolto la nave gemella della SeaJewel (la Seacharme) proprio a Cheyhan, infine la Grace Ferrum della compagnia maltese Cymare è stata danneggiata sempre da un’esplosione in Libia. Il sospetto per tutte queste operazioni di sabotaggio ricade sull’Ucraina, la quale già aveva danneggiato il famoso NordStream tra Russia e Germania ad inizio guerra e che il mese scorso era stata denunciata anche per il tentato sabotaggio al TurkStream. Insomma, pare che ci possa essere una sistematicità ed una vera e propria pianificazione strategica nel colpire i rifornimenti energetici all’Europa. Il problema maggiore è che la vittima di tali eventi non è solamente la Federazione Russa, ma anche tutti gli altri paesi fornitori e compratori che in un qualsiasi modo interagiscono con essa.
Perché questo dovrebbe interessare l’Italia?
L’Italia è al centro della questione da più punti di vista: controllo del territorio, sovranità, garanzie di sicurezza, interessi ambientali, interessi economici, et cetera. In primis, l’operazione è stata eseguita all’interno del territorio italiano. Se effettivamente dietro al sabotaggio ci fossero degli agenti ucraini come ritengono alcuni, significherebbe che questi sarebbero riusciti ad operare indisturbati o che avrebbero ricevuto un lasciapassare ministeriale. Da questo punto di vista ne andrebbe quindi anche della nostra sovranità, siccome nessun paese al mondo accetterebbe che il proprio territorio venga scelto come terra di nessuno in cui quadrare i conti. Se quindi ciò fosse avvenuto significherebbe che abbiamo ricevuto una imposizione senza possibilità di replica. Per quanto riguarda la sicurezza, ogni infrastruttura ha responsabilità penali e civili, ed in quanto tale si dota di procedure e sistemi di sicurezza adeguati al pericolo. L’esplosione avrebbe potuto creare danni ulteriori oltre a quello economico legato all’affondamento della nave, sia alle persone che alle cose. Inoltre, da valutare anche dal punto di vista ambientale il tipo di impatto dello scoppio sul fondale ed eventuali minori perdite di petrolio (fortunatamente già scaricato). Gli interessi economici sono molteplici: assicurazioni future legate al porto, rischi e minacce ulteriori in futuro sulla stessa nave o simili, ed infine il costo per la continuazione di rifornimento sulla stessa tratta in futuro.
Già abbiamo citato in passato il pericolo di allargamento dei rischi ad eventuali infrastrutture ulteriori come i cavi sottomarini nel Mar Mediterraneo, e della necessità di azione al fine di limitare questi avvenimenti. Un altro tipo di allargamento riguarda altri paesi nello stesso settore: gli stessi porti e rotte di rifornimento vengono utilizzate non solo per il gas ed il petrolio russo, che comunque continua ad arrivare nel nostro paese per difficoltà di sostituzione energetica e convenienza, ma anche da altri. La mappa in calce è un adattamento (e anticipazione) dalla analisi in corso del Comitato INI sull’Azerbaigian, che verrà pubblicato tra un paio di settimane. Gran parte del gas azero passa attraverso al TANAP, il gasdotto che attraversa la Turchia per l’intero. In alternativa però, potrebbe andare in Russia e passare attraverso TurkStream e Blue Stream, o ancora venire caricato direttamente da navi nei terminali vicini a Novorossijsk. Per quanto riguarda il petrolio invece questo arriva per oleodotto a Cheyhan e viene caricato da petroliere come la SeaJewel, o in alternativa sempre per oleodotto fino a Novorossijsk. Insomma ricordiamo che un attacco ad una qualsiasi delle infrastrutture e rotte di rifornimento non provoca problemi solo al paese in cui sono le infrastrutture o al proprietario delle stesse, ma a tutti coloro che utilizzano il servizio, che spesso sono paesi terzi.
